La famiglia Cristiani ai tempi della Prima Guerra Mondiale

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I Cristiani hanno preso domicilio a Foza almeno dal 1778 con Bortolo, proveniente da Strigno e sposato ad una “fozata”, e il figlio Francesco. Quest’ultimo, morto il padre, diventa cittadino legittimo e “vero patriotto” di Foza con una decisione della Vicinia del 16 settembre 1792.

La famiglia si radica a Foza rapidamente, tanto che Francesco diventerà agente di ricchi possidenti della pianura e a sua volta proprietario di ampi terreni a Foza. Ebbe numerosi figli, tra i quali spicca Don Giuseppe che fu arciprete di Asiago e che promosse la costruzione del duomo della cittadina. L’unico figlio maschio ad avere a sua volta un figlio maschio che portasse avanti il cognome della famiglia fu l’ultimogenito Giandomenico. Da costui e dalla moglie Teresa Gloder il 10 agosto 1842 nacque Pietro, padre dei fratelli protagonisti del nostro carteggio.

Al momento della nascita di Pietro i Cristiani possedevano a Foza alcune case; la più grande era di Don Giuseppe, l’arciprete, zio di Pietro, situata proprio di fronte alla chiesa di allora che era nella posizione dell'attuale Albergo Alle Alpi . Un’altra, più in basso nel paese, sul bivio tra le strade per Valstagna e Asiago, dei fratelli di Don Giuseppe e tra le due una più piccola era di Giandomenico. I terreni più estesi, soprattutto tenuti a pascolo, erano in località Cruni, sul pendio chiamato “Capon” e sul colle Obestap, conosciuto anche come “Col dei Poi”, dove c’era anche una stalla e successivamente una casa. Dovevano possedere anche dei boschi piuttosto estesi dato che rendevano 500 quintali di legna all’anno. Ad un certo punto i paesani attribuirono alla famiglia il soprannome “Poi”, da cosa derivasse non sappiamo. Qualcuno diceva che si riferisse alla tendenza a tardare o rinviare gli adempimenti ma anche, con un po’ di fantasia, si potrebbe pensare derivasse dal luogo di origine della famiglia che prima di stabilirsi in Valsugana, a Strigno, aveva vissuto a Revere (Mantova) sul Po.

Pietro ereditò, attraverso il padre Giandomenico, che sembra non fosse del tutto sano di mente, i beni di Foza appartenuti al nonno Francesco e ai suoceri di Francesco, ma anche una campagna ad Arino, frazione di Dolo (Venezia). Abbiamo sentito raccontare che questa proprietà fosse stata acquisita alcuni decenni prima da quelli che erano chiamati “i preti Poi”, zii di Pietro e nipoti di Don Giuseppe, grazie da una fortunata vincita al Lotto. Almeno uno di loro aveva esercitato il sacerdozio a Fiesso d’Artico, vicino ad Arino e dove era nata la moglie di Pietro, Giuditta Righetto.
Pietro e Giuditta ebbero numerosi figli che qui sotto si elencano.

 

1)      Francesco Giuseppe nato nel 1867, carabiniere vissuto a Padova e già morto nel 1915.

2)      Lucia nata nel 1968 e morta a quattro giorni dalla nascita

3)      Domenico Giovanni nato nel 1969 e morto a quindici giorni dalla nascita

4)      Giovanni Battista nato nel 1871, nominato come Giovanni; uno dei protagonisti del carteggio

5)      Bortolo Domenico nato nel 1873, nominato come Bortolo; vivente ai tempi del carteggio, ma con problemi comportamentali

6)      Francesco Domenico nato nel 1875 e morto ad un anno di età

7)      Cornelio nato nel 1876; nominato anche Corneo, uno dei protagonisti del carteggio

8)      Cristiano Domenico nato nel 1878; morto a tre anni di età

9)      Maria Teresa nata nel 1880; sposatasi nel 1915 con Giuseppe Carpanedo, tra i protagonisti del carteggio

10)   Guglielmo nato nel 1882, nominato come Emo, uno dei protagonisti del carteggio

11)   Giulio nato nel 1887, ultimogenito, nominato anche come Toni, uno dei protagonisti del carteggio e nonno degli scriventi.

A parte il primogenito Giuseppe che, in quanto carabiniere, era uscito presto dalla famiglia e per un breve periodo Bortolo, anch’egli carabiniere, I fratelli vivevano come una unica famiglia, dividendosi tra Foza ed Arino, fin oltre la morte di Pietro. Questa grossa famiglia patriarcale rimase unita anche dopo che tutti i maschi, tranne Bortolo, si erano sposati e avevano avuto figli. Alla morte di Pietro, avvenuta nel 1910, ne aveva preso la guida Giovanni, il fratello più grande; ne aveva titolo sia per età, sia per esperienza, avendo lavorato nelle Poste e nella riscossione dei Dazi e più dei fratelli essendosi occupato di gestire sia il negozio di famiglia (la privativa) sia l’osteria.

La famiglia era benestante. I redditi provenivano dalle attività commerciali in paese, dai campi coltivati ad Arino e dai pascoli e boschi di Foza. Tuttavia, alcuni affari andati male: la riscossione dei Dazi ad Enego attorno al 1910, l’affitto dell’albergo Munari e la costruzione di un nuovo albergo in paese, interrotta dalla guerra, hanno fatto accumulare dalla famiglia una ingente quantità di debiti che la evacuazione imposta a Foza nel maggio del 1916, e la conseguente perdita dei redditi abituali, ha reso insostenibili.

La composizione della famiglia al momento dello scoppio della guerra era questa:

Giuseppe, il primogenito carabiniere a Padova, era già morto (attorno ai 45 anni). Non siamo ancora riusciti ad avere il suo Foglio Matricolare che potrebbe darci preziose notizie. Non conosciamo il nome della moglie, ma aveva avuto tre figli: Lina, Ampelio e Gino. I due maschi hanno partecipato alla guerra come soldati e sono presenti nel carteggio, soprattutto Gino, il minore. Egli aveva un forte attaccamento per gli zii Guglielmo e ancor di più Giulio, che sentiva verso di lui la responsabilità di sostituire in qualche misura il fratello morto prematuramente.

Giovanni sposa a 21 anni nel 1892 Lazzari Vittoria, sua cugina, dopo aver ottenuto la dispensa dalla S. Sede. Il matrimonio comincia e finisce male. Un anno dopo nasce Giuditta (nome della madre di Giovanni) che però muore quasi subito. Cinque anni dopo, nel 1898, anche la moglie Vittoria muore a Vicenza dove era ricoverata in Manicomio; di più non sappiamo. Nel 1902 Giovanni che ha 31 anni, sposa in seconde nozze Giovanna Carpanedo. Nel 1904 nasce Pietro, nel 1907 nasce e muore quasi subito Francesco, quindi Maria Alice nel 1908, Lidia nel 1909, nel 1911 Rinaldo, nel 1913 Maria Annunziata, nel 1916 Lino Orfeo. Più tardi nascerà un’altra figlia, Tina probabilmente a Vicenza. Trascorre con la famiglia il periodo del profugato prima ad Arino e poi a Vicenza. Era impiegato delle Poste.

Di Bortolo conosciamo poco. Anche lui si diceva fosse stato carabiniere; deve avere avuto qualche tara mentale perché si parla di lui sempre come di un problema. Dalla famiglia è stato relegato ad Arino e sappiamo che è stato in prigione per alcuni mesi, ma non sappiamo per quale motivo. Il Foglio Matricolare o ricerche negli archivi giudiziari e civili potrebbero fare un po’ di luce. Deve essere morto poco dopo i quarant’anni negli anni successivi al termine della guerra.

Cornelio si sposa tardi, a 35 anni, nel 1911, con Anna Marcolongo. Nel 1911 nasce Marcello, nel 12 Ester e nel 13 Giuditta (Iolanda). Dopo la guerra avrà altri due figli: Luigi e Maria. È quello tra i fratelli che, dividendosi tra i campi di Arino e i prati di Foza, più si adopera nel lavoro manuale e pesante, dove si sente a suo agio, mentre lascia ai fratelli più pronti le decisioni e i progetti ed ogni questione che non sia pratica dove, per altro, è ben supportato dalla moglie Neta. La sua famiglia trascorre il periodo del profugato ad Arino, in un primo momento con quella di Giovanni e Maria, e poi con le famiglie di Emo e Giulio. Cornelio viene richiamato quarantenne nel 16; è inquadrato come conducente negli Alpini ma passa la guerra sempre nelle retrovie al sicuro, anche molto lontano dal fronte.

Maria anche si sposa tardi, a 35 anni nel gennaio del 15, quando la guerra in Europa è già iniziata. Sposa Giuseppe Carpanedo, vedovo e con già due figlie dalla prima moglie. Nella primavera del 16 mette al mondo Francesco Tarcisio. Per il periodo del profugato e mentre il marito è richiamato e presta servizio nella Sanità a Vicenza, è ad Arino con le cognate.

Guglielmo a 26 anni sposa nel 1908 Angela Martini di 18 anni. Angela è figlia di Giuseppe Martini e Agnese Carli. Nel 1912 nasce Ermenegildo (Gildo); il bambino è affetto da labbro leporino che viene curato malamente e lo lascerà incapace di parlare chiaramente per tutta la sua lunga vita. Nel 13 nasce Adalia (Dalia) e nel 15 Argia. Dopo la guerra, nel 1928, a 46 anni. avrà un’altra figlia, Laura. Guglielmo è tra i fratelli quello che ha più ambizioni e progetti, non gli mancano le idee e la capacità di assumersi dei rischi e per questo aspira ad essere lui a guidare la famiglia.
Richiamato alle armi è inquadrato nel glorioso Sesto Reggimento Alpini ma pare che non abbia mai personalmente partecipato a combattimenti. Con le sue abilità e capacità è riuscito quasi sempre a farsi assegnare e mantenere incarichi che lo togliessero alle trincee: portalettere, sciatore, cuoco alla mensa dello Stato Maggiore…

Giulio sposa Maria Martini nel 1912, quando lui ha 25 anni e lei 28. Maria è sorella di Angela e quindi ne è anche cognata. Egualmente Giulio è anche cognato del fratello Emo. Maria ha sei anni più di Angela, ma tra le due è Angela che prevale avendo un carattere più deciso e indipendente. Maria e Giulio hanno un primo figlio, Bruno, nel 1913, che però muore a circa un anno di età. Avranno un altro figlio, Rino, padre degli estensori di questo lavoro, nell'agosto del 15 a guerra iniziata. Giulio è il più piccolo della famiglia e forse per questo riesce a vedere le questioni di famiglia con un po’ più di distacco, non avendo ambizioni di leadership e nemmeno sentendo particolari responsabilità se non verso la sua di famiglia. Tra tutti sembra il più equilibrato e disponibile verso tutti i fratelli.
Al richiamo è inquadrato nel corpo della Regia Guardia di Finanza nel quale aveva prestato servizio di Leva per tre anni dal 1907 al 1910. Passa i primi mesi di guerra a Napoli e poi a Caserta. All'inizio del 1916 viene trasferito ad un reparto combattente di stanza in Valdastico e qui prende parte ad almeno un combattimento. Si ammala ai polmoni e passa diverso tempo in ospedale e una lunga convalescenza ad Erbezzo nei Lessini. Viene poi spostato a Torre Canne in Puglia dove è impiegato per nove mesi con compiti di guardia sulla costa. Su sua richiesta nel 1917 viene trasferito a Sottomarina dove svolge i compiti specifici della Guardia di Finanza. Infine, nella primavera del 18, è trasferito ai Magazzini Generali di Venezia, poco lontano da moglie e figlio che erano ad Arino.
A Venezia muore di spagnola il 5 ottobre del 18, unico della famiglia a non vedere la fine della guerra, meno di un mese dopo.

In questo contesto si inseriscono le vicende narrate dal presente carteggio.

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